giovedì 17 maggio 2012

#ilMomentoèDelicato

«Il romanzo è una storia d'amore, il racconto è la passione di una notte».
Ed è questa la frase che mi ha fatto dire “ok ti prendo”.
(non è vero, lo avrei preso comunque, anche se avesse avuto una di quelle copertine rigide che odio, anche se avesse avuto un costo esorbitante, anche se avesse avuto un pessimo incipit. L’ultimo di Ammaniti va comprato, a prescindere.)

Il nuovo libro di Niccolò Ammaniti non è un romanzo, ma una raccolta di racconti (scritti dal 1993 ad oggi). Con un incipit straordinario, che va a spiegare le sue vere origini, i suoi primi racconti ed i suoi primi rifiuti...rendendosi così un poco più umano. Quando Ammaniti nel lontano 1995 propose alla Mondadori i propri racconti (raccolti in “Fango”), Gian Arturo Ferrari in persona (gran capo della Mondadori) rispose: <<Caro Ammaniti, lasciamo perdere, il momento è delicato>>. E così anche negli anni a venire, la risposta sia di Mondadori, sia di Einaudi, di fronte alla proposta di una nuova raccolta di racconti era sempre <<Noo… Meglio un romanzo, il momento è delicato>>.
Ed ecco, chiaramente, spiegato il titolo.
Ho adorato Ammaniti in “Ti prendo e ti porto via”. E’ stato uno dei libri che mi ha “iniziata” alla lettura (insieme a “La scopa del sistema” di Foster Wallace). Letto quello, mi sono trovata costretta a leggere tutto quel che era già stato scritto prima (Branchie e Fango) e a seguirlo poi, in tutti i suoi libri futuri.
La citazione con cui descrive quel che è per lui un racconto (la passione di una notte) è di una realtà sconvolgente. E la tocchi con mano nella lettura dei suoi racconti, uno ad uno. Mentre li leggi, ne vieni rapito, colpito, affascinato, appassionato, te ne innamori perdutamente e vorresti durasse mille pagine. Quando invece, ovviamente, arrivi alla fine (che non è mai una fine vera e propria, perché essendo appunto un racconto e non un romanzo, si spezza, ma non si finisce), ti ritrovi con l’amaro in bocca, quasi deluso. Ci resti male, poche storie. E inizi il racconto successivo che ancora hai la delusione di quello precedente nelle vene. Cerchi un appiglio alla storia precedente, un aggancio, che vuole essere una speranza di trovare uno dei personaggi del racconto di prima in quello di ora, vuoi dargli un seguito, lo pretendi cribbio. E invece no. Ogni racconto è a sé, e i precedenti restano un ricordo.
A distanza di qualche ora però, ti rendi conto che questo ricordo, quel che ti resta dentro di ogni singolo racconto, è davvero tanto. E allora te ne freghi del fatto che è durato poco, che ti aspettavi di più, che avresti voluto sapere come andava a finire. Te ne freghi di tutto e ti basta quel che hai letto, perché ti accorgi che una sola parola di più sarebbe stata di troppo.
Come in “La figlia di Shiva” (che, peraltro, è stato il primo racconto in assoluto scritto in vita sua  da Ammaniti) o in “L’amico di Jeffrey Dahmer è l’amico mio” (dedicato a Stefano Massaron, quello di “Ruggine” e del racconto “Il Rumore”, nell’antologia “Gioventù Cannibale”), ma un po’ in tutti e 16.

3 commenti:

  1. Stavo pensando di prenderlo, ora ne sono sicurissima, mi hai convinta ;) Poi io adoro i racconti.
    Un forte abbraccio. Bravissima.

    PS Ma lo sia che penso che tu ed io abbiamo gli stessi gusti in fatto di libri? ^_^

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  2. Grazie Barbara!!
    compralo, compralo assoutamente, ne vale la pena.
    Regala sensazioni discordanti tra loro, c'è da dirlo. Alcuni racconti davvero ti lasciano con l'amaro in bocca. Ma poi passa. Eccome se passa.
    Un abbraccio a te!
    (e sì, i gusti mi sa tanto che sono simili!!)

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  3. Ovviamente condivido! Soprattutto su una cosa: l'ultimo di Ammaniti va sempre comprato! ;)

    A presto!


    http://mhannodettodifareunblog.blogspot.it/

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