lunedì 2 aprile 2012

#QuandoVieniAPrendermi?

Per quanto mi riguarda, è nelle prime 20 pagine che un libro si gioca gran parte della partita. Se quelle prime 20 scorrono via veloci, se riescono già a farmi entrare nel libro e farmi sentire i profumi che si respirano in quella storia… allora beh, ci sono altissime probabilità, che nel giro di pochi giorni (4 in questo caso), io arrivi all’ultima pagina chiudendo quel libro con il sorriso sulle labbra e con la malinconia tipica di chi non ha nessuna voglia di lasciare un posto in cui è stata tanto bene.
E “Quando Vieni a Prendermi” di Alessandro Cattelan si è saputo far voler bene sin dalle primissime pagine, scorrendo via in maniera sciolta e incuriosendo sempre di più, riga dopo riga.
A parlare, in prima persona, è Santiago, trentenne milanese, fidanzato con Amanda da 5 anni e convivente da 2. Un lavoro precario all’attivo, un incubo che lo insegue ormai da anni e che gli si ripresenta almeno 3 notti al mese, uno strano rapporto con il destino e grandi viaggi che lo aspettano (i quartieri psichedelici di Tokio ed un’incontaminata Australia).
Ci vogliono poche pagine, e già mi riconosco in Santiago (e, per certi versi, anche in Amanda – anzi solo in uno, quando viene definita da Santiago come una ninja del dialogo – utilizzando parole differenti, sono sicura, anche il mio fidanzato si direbbe concorde). L’età, la convivenza, il precariato, il costante senso di non aver ancora trovato il posto giusto nel mondo e certe frasi… che avrei voluto dire io. E invece lui è arrivato prima di me.
<<Non voglio metterla giù tragica, ma il tarlo del dubbio esistenziale ha trovato terreno fertile nel passato e nel presente, per iniziare a ramificare nell’immediato futuro.>>
<<Come sempre accade, quando qualcuno a cui si vuole bene ci dà una buona notizia, si riesce a essere completamente felice per lui solo per qualche secondo. Dopodichè, non puoi fare a meno di pensare che ciò che lui ha appena raggiunto, a te manca. E capisci di volerlo più di ogni altra cosa. E così, improvvisamente, ti disperi. Un po’ per te stesso e un po’ perché non riesci più a essere felice per quella persona, come invece si meriterebbe.>>
<<Nella mia personalissima “Top Five” delle immagini più tristi e malinconiche al mondo, alla numero 3, metto la valigia abbandonata in aeroporto. Grigia, un po’ trasandata, sola, mentre scivola all’infinito sul nastro trasportatore, nella vana attesa che una mano la sollevi di peso e la trascini a sé.>> (#lealtre4immaginiqualisono?).

<<Sopporto a stento un brivido di freddo umido leccarmi la schiena sotto il cappotto.>> (Ho adorato questa frase, #nonchiedetemiperchè)
Una chicca che adoro leggere, ma che, ahimè, è tanto difficile trovare, è l’associazione della musica ai personaggi. Santiago ha sempre con sé un’i-pod e Cattelan ci tiene a farci sapere anche cosa sta ascoltando in particolari momenti del libro (chiaramente solo in alcuni passaggi e non in tutti, altrimenti diventerebbe ingestibile come cosa). Un conto è immaginarsi semplicemente una scena,  tutt’altra cosa, invece, è immaginarsela con una colonna sonora degna di essere chiamata tale (tra gli altri, accompagnano Santiago, i Blur, i Pulp e Graham Coxon - #dicipoco).
Il titolo del libro mi ha portata fuori pista per quasi tutta la lettura (facendomi credere che ci potesse essere della banalità nell’aria), mentre, con gran sorpresa, il finale, di fatto, ci fa a cazzotti (con il titolo intendo). E questo è un bel punto a favore.
Sono contenta della mia lettura, Cattelan mi è piaciuto e sembra anche aver fatto un bel salto in avanti rispetto allo scorso romanzo “Zone Rigide” (che mi aveva fatta ammazzare dalla risate). In “Quando vieni a prendermi”, il ragazzo pare essere cresciuto. Bel lavoro, davvero.


R.

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