martedì 10 aprile 2012

#MrGwyn

Non cederò alla tentazione di fare paragoni tra i due libri letti a distanza di poche ore l’uno dall’altro (è che avendoli letti a distanza di due giorni l’uno con l’altro, cribbio, viene naturale fare una minima di paragone #noiononcedo). Tuttavia, passare da Alessandro Cattelan (che ad ogni modo ho apprezzato e continuo ad apprezzare parecchio) ad Alessandro Baricco... voglio dire... capito no?

Brevemente la storia di Jasper Gwyn, il protagonista del nostro romanzo: uno scrittore inglese di notevole fama che, resosi conto di vivere alle strette nella propria vita di scrittore, decide di mettere nero su bianco (pubblicandole) 52 cose che si ripropone di non fare mai più. E tra le altre (la n. 31 farsi fotografare con la mano sul mento, pensoso, la n. 47 sforzarsi di essere cordiale con colleghi che in realtà lo disprezzavano) spicca, in tutto il suo essere sconvolgente, l’ultima: scrivere libri.
Ci si  mette di impegno Mr Gwyn per cercare di smettere di scrivere libri, ma già solo la semplice gestualità dello scrivere gli manca in modo indecente. Mr Gwyn si rende conto (neanche troppo lentamente) di non essere in grado di fare altro. E quindi, nel tortuoso viaggio della ricerca di sé stesso, il protagonista si avvicinerà dapprima all’arte per approdare poi alla decisione di cimentarsi nel compito di scrivere ritratti per riportare a casa le persone (e io, in questo “riportare a casa le persone” mi ci sono persa dentro).

(Fighissimo anche il sito internet: http://www.mrgwyn.feltrinelli.it/)
Se posso trovare un UNICO lato negativo di questo romanzo, lo trovo nell’amaro in bocca che mi hanno lasciato alcuni personaggi, forse poco sviscerati, addirittura appena abbozzati. Avrei voluto conoscere più a fondo Rebecca o il maestro di Camden Town, ma le loro vite erano appena accennate.  Lo stesso protagonista, a volte, si dilegua e non si lascia del tutto comprendere. Si sente l’urgenza di saperne di più del suo carattere, della sua storia...mi sono sentita una bimba di tre anni, in preda al momento dei “perché”. Si ha fame di saperne di più.
Ho passato gran parte dell’opera a cercare di capire perché Mr Gwyn abbia deciso di smettere di scrivere libri. Ma non ne ho cavato grandi informazioni. Sono incappata poi in un’intervista fatta all’autore, dove si cercava di capire appunto il perché di questa decisione e Baricco ha così risposto: “Le ragioni per cui Gwyn smette di scrivere non sono importanti. L’importante è ciò che allestisce dopo. Come sempre a me interessa molto il modo in cui la gente rimette insieme i pezzi delle cose che ama, dopo che qualcosa è accaduto. Ed ha, anche questa volta, ragione lui.
Il bello di Mr Gwyn è che in questo libro si punta tutto su mezze tinte, luci (il ruolo del vecchietto delle lampadine è essenziale), silenzi, “rumori” (così come è essenziale il ruolo di David Barber), lentezza di passi, che poi all’improvviso accelerano, per poi diventare passi che vanno quasi di fretta, fino a che il ritmo cresce, si va di corsa. Fino a che ti ritrovi tu a correrci dentro, in quel libro.
Tempo di lettura: CINQUE GIORNI (ma solo perché ci sono stati giorni di festa e, quindi, niente pendolarismo quotidiano. Altrimenti, ne sono certa, sarebbero bastati un paio di giorni)
R.


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